Un tema molto caldo nello scenario italiano oggi è la riforma del Terzo Settore.
La parola chiave in questo caso è riordino: si tratta infatti di riorganizzare una realtà italiana grande e consolidata, formata da una pluralità di Enti, Fondazioni, Associazioni e Cooperative che da moltissimi anni si sono costituite per offrire un servizio di utilità sociale, svolgendo il proprio compito senza fini di lucro.
DA DOVE NASCE L’ESIGENZA DI DARE UN ORDINE AGLI ENTI DEL TERZO SETTORE?
L’esigenza è quella di mettere sotto lo stesso “cappello” varie forme giuridiche nate in momenti e contesti diversi e normate in tempi e legislazioni differenti, ma che in fondo si prefiggono lo stesso scopo.
Alcuni esempi:
- cooperative sociali nate a metà degli anni settanta in Emilia Romagna e in Lombardia e poi diffuse in tutto il territorio nazionale, che come scopo hanno la gestione dei servizi socio-sanitari, sociali, educativi, e servizi dedicati a persone fragili.
- associazioni di volontariato laiche e di origine cattolica, grandi e piccole, che hanno sempre lavorato nel campo della solidarietà sociale.
- enti religiosi parrocchiali che fin dagli anni ‘50 si sono occupati dell’istruzione educativa prescolare e che ad oggi, in certe Regioni, arrivano a coprire il 60-70% del servizio.
- fondazioni storiche (ex istituti di assistenza e beneficenza) fondate grazie a benefattori al servizio dei bisognosi, indigenti e orfani e che oggi sono una realtà consolidata del nostro territorio.
QUALI SONO I PUNTI SALIENTI DELLA RIFORMA?
Potrà diventare ente del Terzo Settore chi svolgerà da statuto: “attività di interesse generale per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale in via esclusiva o principale”.
È stato decretato inoltre un elenco, soggetto ad aggiornamenti, che indica quali sono tali “attività di interesse generale”:
- interventi e servizi sociali;
- interventi, servizi e prestazioni;
- interventi e prestazioni sanitarie;
- prestazioni socio-sanitarie;
- educazione, istruzione e formazione professionale;
- attività culturali di interesse sociale con finalità educativa;
- interventi e servizi finalizzati alla salvaguardia e al miglioramento delle condizioni dell’ambiente e all’utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali, con esclusione dell’attività, esercitata abitualmente, di raccolta e riciclaggio dei rifiuti urbani, speciali e pericolosi;
- interventi di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale e del paesaggio;
- formazione universitaria e post-universitaria;
- ricerca scientifica di particolare interesse sociale;
- organizzazione e gestione di attività culturali, artistiche o ricreative di interesse sociale, editoriali, di promozione e diffusione della cultura e della pratica del volontariato e delle attività di interesse generale;
- organizzazione e gestione di attività turistiche di interesse sociale, culturale o religioso;
- formazione extra-scolastica avente finalità sociali;
- servizi strumentali ad enti del Terzo settore resi da enti composti in misura non inferiore al 70% da enti del Terzo settore;
- cooperazione allo sviluppo;
- servizi finalizzati all’inserimento o al reinserimento nel mercato del lavoro dei lavoratori e delle persone;
- organizzazione e gestione di attività sportive dilettantistiche;
- beneficenza, a sostegno di persone svantaggiate o di attività di interesse generale;
- promozione della cultura della legalità, della pace tra i popoli, della nonviolenza e della difesa non armata;
- promozione e tutela dei diritti umani, civili, sociali e politici, dei diritti dei consumatori e degli utenti delle attività di interesse generale, promozione delle pari opportunità e delle iniziative di aiuto reciproco, incluse le banche dei tempi e i gruppi di acquisto solidale;
- protezione civile;
- attività diverse da quelle di cui all’articolo 5, se consentite dall’atto costitutivo o lo statuto e secondarie e strumentali rispetto alle attività di interesse generale;
- radiodiffusione sonora a carattere comunitario;
- attività commerciali, produttive, di educazione e informazione, di promozione, di rappresentanza, di concessione in licenza di marchi di certificazione, svolte nell’ambito o a favore di filiere del commercio equo e solidale;
- alloggio sociale e ogni altra attività di carattere residenziale temporaneo diretta a soddisfare bisogni sociali, sanitari, culturali, formativi o lavorativi, compresa l’accoglienza umanitaria ed integrazione sociale dei migranti;
- riqualificazione di beni pubblici inutilizzati o di beni confiscati alla criminalità organizzata;
- agricoltura sociale;
- Assistenza per procedure di adozione internazionale.
IL REGISTRO NAZIONALE DEL TERZO SETTORE
Verrà istituito un unico Registro nazionale per gli Enti del Terzo Settore (denominato RUNTS). Il registro abroga di fatto tutti gli elenchi esistenti, delegati ad oggi a Regioni (come Fondazioni e associazioni) e associazioni di categoria (come le cooperative sociali), e sarà governato dal Ministero delle politiche sociali.
Le nuove categorie degli Enti del terzo settore saranno:
- organizzazioni di volontariato (Odv);
- associazioni di promozione sociale (Aps);
- imprese sociali (incluse le attuali cooperative sociali);
- enti filantropici;
- reti associative;
- società di mutuo soccorso;
- altri enti (associazioni riconosciute e non, fondazioni, enti di carattere privato senza scopo di lucro, diversi dalle società).
Questo riordino è davvero importante in quanto dà valore a chi realmente svolge un’attività di utilità sociale e quindi, definendo il perimetro di tale ambito, vengono escluse alcune categorie che fino ad oggi, avevano le stesse agevolazioni derivanti dalla loro forma giuridica e fiscale, pur non perseguendo attività di utilità sociale. Vengono ora esclusi: le fondazioni di origine bancaria, le associazioni professionali o di categoria, i partiti politici, i sindacati e gli enti religiosi per la parte che non rientra nelle attività previste dal codice del terzo settore.
Inoltre il nuovo ordinamento “manda in pensione” diverse normative, costituite e rivisitate nel tempo in funzione della forma giuridica di costituzione dell’Ente che, a parità di servizio erogato, prima della riforma poteva avere delle diversificazioni nel regime fiscale, con conseguenti disparità nella sostenibilità del servizio erogato.
Considerando ad esempio una Onlus e un’associazione, a parità di servizio di pubblica utilità, la prima beneficiava di vantaggi fiscali rispetto alla seconda.
QUALI POTREBBERO ESSERE I VANTAGGI PER CHI DIVENTERÀ UN ENTE DEL TERZO SETTORE?
- Regime fiscale agevolato per le attività di utilità sociale
- Facilitazione nei rapporti con la Pubblica Amministrazione
- 5 per mille
- Possibilità di detrazione sulle erogazioni liberali per i privati e aziende contribuenti
- Possibilità di partecipare a finanziamenti / bandi italiani ed europei destinati al terzo settore
QUALI GLI SVANTAGGI?
Nel caso un ente divenga Ente del Terzo Settore (ETS), sono introdotti degli obblighi di controllo e trasparenza (come il bilancio sociale depositato), con il conseguente aumento dei “costi amministrativi e di governance”, così come delle responsabilità solidali per gli amministratori. Costi e responsabilità per molti piccoli enti potrebbero superare i benefici.
Pertanto uno dei rischi della riforma del Terzo Settore è che molti piccoli enti non procedano alla trasformazione in ETS e all’iscrizione al Registro Unico del Terzo Settore. Tante piccole realtà di volontariato sociale educativo e sportivo rimarranno pertanto escluse.
A CHE PUNTO SIAMO?
Nel decreto crescita è stata approvata la proroga al 30 Giugno 2020 della scadenza dell’adeguamento degli statuti prevista inizialmente per il 3 agosto 2019.
Tale proroga è stata richiesta da diverse associazioni di categoria del no profit proprio perché l’efficacia delle modifiche statutarie è subordinata a:
- l’entrata in funzione del registro del terzo settore
- l’autorizzazione da parte dell’Unione Europea sull’applicazione delle nuove norme tributarie introdotte dal codice terzo settore
Concludendo, tale proroga era necessaria per permettere che la scelta dell’adeguamento dello statuto, di fondamentale importanza per gli enti, fosse preceduta da chiarezza legislativa sul regime tributario applicabile.